lunedì 11 aprile 2011

ANABASI


 

OTTOBRE 1951. DA QUALCHE PARTE DEI PIRENEI.


I sei uomini si muovevano a fatica, quasi fossero dei  giganteschi calabroni senza le ali, persi nella neve fresca  che arrivava loro fino quasi alla coscia ; ogni passo era una pena . Dopo pochi metri di quella marcia affannosa , a turno, davano il cambio all’uomo di testa per ‘battere’ quella neve farinosa che non concedeva sosta alcuna.
Erano arrivati  su quel versante dei Pirenei, partiti dalla ‘serrania’ di Malaga, con una marcia  di più mille chilometri , durata quasi dieci mesi, inseguiti per tutto quel tempo dalla ‘Guardia Civil’, senza punti né basi d’appoggio, senza poter contare sull’aiuto di nessuno. Avevano retto scontri a fuoco, evitato imboscate. A volte le ‘Guardie’ che li braccavano, erano passate così vicine da poterle toccare con un braccio. E ora procedevano ad occhi semichiusi , per evitare l’accecamento che i ghiacciai e le nevi perenni  portano sempre  con sé. Si fermavano sempre più spesso a tirare il fiato in quel deserto bianco che pareva non dovesse mai finire. Avevano il viso ‘cotto’ dal sole  e dal gelo di anni  passati sulla ‘sierra’ e certamente ognuno di loro, con il fiato rotto dallo sforzo, pensava tra sé e sé  la stessa cosa. Che sarebbe stata una vera e propria beffa del destino se fossero caduti ,  ormai  arrivati così vicini alla salvezza
Nel 1951 ormai la sorte del ‘maquis’rurale in tutta la Spagna appare segnata. Il regime si è infatti consolidato e soprattutto  ha ricevuto quella rispettabilità internazionale a cui, dal ’39 in avanti, ha ambito il ‘caudillo’.
Cadono così  i guerriglieri uno dopo l’altro , come passeri dal ramo in inverno, in una guerra che ormai è senza speranza. Quella guerra che impedisce di darsi prigionieri, perché per chi si arrende c’è la fucilazione immediata , se va bene, altrimenti lo strangolamento lento che dà il ‘vil garrote’. Così gli uomini della guerriglia aspettano in agonica attesa il loro turno, perché anche tentare la fuga appare ormai un’impresa impossibile .
Infatti , la rete di fuga degli anarchici andalausi, che tra il 1947 e il 1949 ha portato in salvo tanti guerriglieri, è stata completamente disarticolata dall’esercito alla fine di quello stesso anno, e i pescatori della costa  che sempre hanno aiutato il ‘maquis’ , sono sottoposti a una sorveglianza strettissima, e quella che è stata per anni una praticata via di fuga, quella per mare , appare ormai preclusa.
E sempre in quell’anno, a peggiorare ancora la situazione di tutti i guerriglieri del massiccio ‘malagueno’, è stato ammazzato tra i tanti, Bernabé Lope Calle, il guerrigliero leggendario,  che tutti conoscono come il comandante Abril.
Bernabè viene venduto da Francisco Fernandez ‘Largo Mayo’, un guerrigliero che ha deciso così di pagarsi il ritorno a casa. Con il pretesto di andare in cerca di cibo, si è allontanato dall’accampamento e, appena arrivato in paese, si è fiondato alla caserma della Guardia Civil.
‘Largo Mayo’ va sul sicuro, sa benissimo  infatti che non esiste guerrigliero che sia odiato dalle ‘Guardie’ più di quanto non lo sia  Bernabé.  
Il comandante ‘Abril’ infatti è una ex Guardia Civil che , diventato anarchico , ha comandato durante la guerra , la 70° Brigata delle armate di Cipriano Mera  e  ha poi diretto la ‘Agrupacion Fermin Galan’, la più importante formazione della guerriglia andalusa.
E per la ‘Guardia Civil’ che un uomo della ‘Benemerita’ sia diventato prima anarchico e poi guerrigliero, è un’offesa che va lavata nel sangue.
Così una ventina di  ‘Guardie’, seguendo le indicazioni di ‘Largo Mayo’ circondano  di notte l’accampamento, sul ‘Cerro de Atalaya’,  dove Bernabè e sei dei suoi uomini stanno riposando. Prima lanciano, contro gli uomini che stanno dormendo una pioggia di bombe a mano, poi attaccano.
Bernabè che assieme a un compagno ‘copre’ la fuga degli altri  guerriglieri , colpito ventitre volte ha ancora la forza di tirarsi un colpo di rivoltella in testa per non cadere vivo nelle mani degli uomini in uniforme.
Il giorno dopo , i due cadaveri, vengono portati a dorso di mulo nel ‘pueblo’ di Medina Sidonia, mostrati ai contadini che sono obbligati a sfilare davanti ai due uomini , ormai ridotti a un informe fagotto di carne, crivellato di proiettili, e poi seppelliti  in  due fosse anonime, e nemmeno iscritti sui registri del ‘cementerio’, in modo da cancellare di loro qualsiasi traccia.
Il posto di Bernabé  nella guerriglia, viene preso dal  figlio Miguel, ‘Dario’, che nemmeno un anno dopo, verrà ammazzato di notte, mentre dorme, da un uomo della ‘partida’ di cui lui si fida ciecamente.
Inoltre le ‘contropartidas’ della Guardia Civil hanno cambiato tattica. Infatti gli uomini in uniforme hanno smesso di inseguire i guerriglieri sugli altopiani e sulle montagne che per anni sono stati i loro ‘santuari’.
Quasi sempre i ‘maquis’ sono riusciti infatti ad evitare  anche le più imponenti manovre di accerchiamento , contando soprattutto sulla  perfetta conoscenza del terreno su cui operano ormai da anni e sulle indicazioni dei contadini e dei pastori dei ‘pueblo’ della ‘sierra’.
E’ a partire  dal 1950, vista la sostanziale inefficienza della tattica usata fino a quel momento, che l’esercito comincia a distruggere le reti di supporto della guerriglia, che per anni sono state un aiuto indispensabile per chi ha deciso che la guerra non era finita con la presa di Madrid.
Il calcolo che fanno gli strateghi dell’antiguerriglia si rivelerà purtroppo esatto. Se i guerriglieri perderanno i contatti con gli ‘enlances’ che per anni li hanno aiutati, fornendo loro viveri e informazioni, saranno costretti a scendere dalle montagne in cerca di cibo, arrivando così nei paesi dell’altopiano strettamente controllati, dove non mancano ormai spie e confidenti, a volte reclutati addirittura nella fila di chi ha fatto parte della guerriglia.
Poi, anche la popolazione che ha consentito per davvero per anni  agli uomini del ‘maquis’,  di ‘nuotare come il pesce nell’acqua’,  appare ormai stanca di quella guerra che sembra non dovere mai finire e che non ha portato risultati apparenti, e anela avidamente soltanto ad avere un po’ di pace.
Le porte delle case che prima si spalancavano ospitali e sollecite , ora faticano a aprirsi, perché la gente dell’altopiano ha paura. Infatti la repressione in tutta l’Andalusia è durissima, cominciata fin dal luglio del 1936, quando in pochi giorni soltanto nella città di Malaga, sono stati fucilati 2600 uomini e 55 donne, è continuata in tutti quegli anni  con torture di massa, ovili e case saccheggiate e poi bruciate, la ‘ley de fuga’ applicata su scala industriale, contadini e pastori ‘desaparecidos’ in qualche fossa persa nella ‘sierra’.
Ormai in quel gelido inverno del 1951,  sulla ‘sierra malaguena ’, delle centinaia di uomini che avevano tenuto per anni in scacco l’esercito franchista,  è  rimasto soltanto il gruppo di ‘Pablo’ , che in realtà si chiama Manuel Perez Rubino e  quello che ha a capo José Munoz Lozano ‘Roberto’,  che decidono una cosa apparentemente folle e impossibile .
Prendono infatti la decisione di abbandonare la ‘sierra’ di Malaga e di arrivare a piedi fino in Francia.
Non hanno carte geografiche con sé, non hanno nessuna conoscenza del territorio che si estende all’infinito davanti a loro, non conoscono nessuno che li possa aiutare, non sanno nemmeno cosa c’è al di là di quell’altopiano che conoscono da anni come le proprie tasche.
La loro in fondo è la mossa dettata dalla disperazione, si buttano nell’ignoto,  perché rimanere significa prima o poi, finire ammazzati
Antonio Sanchez Martin , originario di un piccolo paese della provincia di Malaga, viene incaricato di lasciare la ‘sierra’ e di cercare chi li possa aiutare . E’ appena sceso  dalla montagna , che viene crivellato di colpi davanti agli occhi della moglie, sulla soglia dell’uscio di casa  , il giorno di San Sebastian, patrono del paese. Nella stessa località poco prima era stato fucilato Antonio Platero Martin, davanti agli abitanti riuniti a forza dalla Guardia Civil, un altro che come lui era andato in cerca di aiuto.
Ora tocca a ‘Roberto’ un bell’uomo dall’espressione del viso simile a quella di un attore caratterista della Hollywood degli anni ’40, cercare di entrare in contatto con qualcuno che possa dare una mano, nella loro fuga,alle ultime ‘partidas’ della guerriglia ‘malaguena’ .
‘Roberto’ scende dalla ‘sierra’ entra in un villaggio, non fa nemmeno in tempo a guardarsi attorno che le ‘Guardie’ lo afferrano, lo sollevano di peso e lo scaraventano in una cella buia e lurida. Probabilmente è stato venduto e allora decide di giocarsela, per avere salva la vita. Infatti mette a conoscenza  del piano di fuga l’ufficiale che comanda la caserma dove lui è stato rinchiuso. Le ‘Guardie’ in un primo momento non gli credono, sembra infatti impossibile che qualcuno arrivi a tanto, lasciano passare qualche giorno prima di decidersi e di farsi guidare all’accampamento dove il gruppo di ‘Roberto’ e quello di ‘Pablo’ stanno inutilmente aspettando.
E questa esitazione salva gli uomini del ‘maquis’, che stanchi e preoccupati di aspettare, hanno già deciso la ritirata.
Così ai primi di gennaio, è già cominciata la fuga .  ‘Pablo’ e i suoi uomini , dieci in tutto, passano subito  nella provincia di  Jaen ,  dove sequestrano un possidente terriero , lo liberano in cambio  di cinquantamila pesetas e si appropriano dei viveri che sono nel municipio.  
Questa operazione, comunque indispensabile quasi li perde. Mentre si stanno ritirando verso la ‘sierra’, arrivano infatti gli uomini  dalla Guardia Civil, che ammazzano ‘Ramiro’, mentre gli altri indenni , riescono a sganciarsi.
Cercano andando negli antichi luoghi del ‘maquis’, di unirsi agli ultimi guerriglieri che sanno essere rimasti nella ‘sierra’ . Per fortuna non trovano il contatto che cercano, perché anche quello è ormai un uomo di ‘Roberto’.
Lui è riuscito infatti a convincere gli ufficiali superiori della ‘Guardia’ che le sue non sono sciocche fandonie e i comandi superiori hanno capito subito che per il regime, sarebbe una sconfitta dalle proporzioni incalcolabili se una formazione di guerriglieri, riuscisse ad attraversare indenne la Spagna intera.
Crollerebbe infatti l’asse portante della propaganda franchista che vuole la Spagna ormai completamente pacificata e controllata strettamente dal regime.
Così i comandi della ‘Guardia’ hanno ricevuto l’ordine di lasciar perdere quello che stanno facendo in quel momento e di concentrarsi nella cattura di quel piccolo gruppo di ‘maquis’. E’ stata promessa anche l’impunità ai tanti guerriglieri  che sono in carcere se li aiuteranno in quella caccia all’uomo e alcuni tra di loro, decidono di collaborare.  
Nel marzo del 1951 ‘Pablo’ e i suoi sono nel nord est della provincia di Granada , dove sequestrano un falangista, ottengono alcune migliaia di pesetas per rilasciarlo , ma soprattutto, entrano in contatto con un pastore che dà loro delle indicazioni preziose per potere continuare la fuga.
Il sei di maggio , nei pressi della miniera di Piojo nella sierra di Granada cadono in un’ imboscata Duarte e Jeronimo,  ammazzati da cinque Guardie Civil , mentre stanno cercando dell’ acqua. Poi, quando sono nella sierra Nevada ,diserta Sebastian Olivares Ruiz ‘Martin’ che si perde nel nulla.
Ormai sono rimasti soltanto in sei e sanno benissimo che il difficile comincia adesso. Perché è da quel momento in avanti che si dovranno muovere in un territorio che assolutamente non conoscono e soprattutto ormai hanno la piena coscienza che nessuno li potrà aiutare.
Nemmeno i contadini possono dare loro la minima ospitalità;  le guardie infatti controllano i viveri di tutti i ‘puebos’ della ‘sierra’.
Ogni mattina, reparti di sodati, arrivano anche nel più sperduto ovile e contano il bestiame che anche il più miserabile capraio possiede. Annotano pignolescamente anche il numero degli animali da cortile , poi la sera ricontrollano tutto, per vedere se i contadini hanno venduto anche un solo coniglio , o una gallina agli uomini della guerriglia.
E come se non bastasse, una fitta nebbia li confonde, quando stanno per affrontare una tappa particolarmente pericolosa. Si muovono praticamente alla cieca per tutta la notte, e quando finalmente il sole del mattino disperde la nebbia, scoprono di essere tornati al punto di partenza, perché per ore hanno camminano infatti in circolo.
‘Puntano’ la sierra di Cazorla, attraversano Huescar, per vivere, fanno dei ‘golpes’ economici nei ‘pueblos’ della provincia di Almeria, di Albacete e in quella di Murcia. Rubano provviste, si impadroniscono degli incassi di qualche negozio, entrano nelle case dei ‘terratenientes’ e si fanno consegnare i denari che questi tengono in casa.
Escono dall’Andalusia che hanno attraversato marciando  soltanto di notte e sotto la luna , in una di quelle tappe durante le quali  fanno male le orecchie nel tentativo di decifrare i rumori che arrivano dai boschi, e gli occhi vengono spalancati nell’oscurità, scorgono il tetro profilo del ‘penal’ di Chinchilia, dove sanno essere rinchiusi tanti compagni.
Entrano nella provincia di Valencia, che attraversano con marce che possono essere anche di quindici chilometri al giorno, da fare armati di tutto punto e con il peso degli zaini affardellati sulle spalle, e vicino a Cofrentes attraversano il fiume Jucar.
Un’informativa della Guardia Civil, che ha messo insieme frammenti di testimonianze di chi li ha intravisti, magari per un minuto soltanto, li descrive vestiti con giubbe di panno pesante , camicia a scacchi, pantaloni marroni di fustagno ,scarponi , la ‘boina’ nera in testa , di trentacinque trenta anni di età, accento andaluso.
Per mangiare, si riforniscono nei poveri negozi dei pueblos più isolati . Ma anche comprare cibo è un affare complicato e pericoloso. Bisogna infatti scegliere una ‘tiendas’, la più miserabile che c’è. Uno di quei negozi dove puoi trovare un po’ di tutto:dai chiodi alla farina, dal baccalà affumicato alle bottiglie di liquore. Aspettano allora che all’interno del negozio non ci sia nessuno,oltre al padrone , poi entrano in due , dall’unica porta , facendo tintinnare la zanzariera di perline colorate, con le rivoltelle nascoste sotto la giubba mentre glia altri stanno fuori a protezione. I guerriglieri comprano  pane e scatolame, poi salutano frettolosamente e escono nel sole .
Durante le marce non fumano e non parlano. Del resto le dure regole della guerriglia loro le conoscono bene, sono infatti nel ‘maquis’,minimo  da quattro o cinque anni, si muovono ormai da mesi in un territorio che è loro ostile perché sconosciuto ,un pastore a cui si sono rivolti per chiedere informazioni sul cammino da prendere, dà loro una notizia raggelante. Dice infatti che quattro guerriglieri che si stavano anch’essi ritirando, sono stati uccisi proprio in quei luoghi, alcuni mesi prima. 
Ma il peggio deve ancora venire. Quando si trovano a Val, c’è da attraversare in fretta un altopiano per arrivare alle montagne. Temono che la Guardia Civil abbia capito il loro piano di fuga. Così accelerano con sfiancati marce notturne fino a che non  entrano nella provincia di  Teruel, senza mai fermarsi e sempre procedendo a  zig zag.
Trovano un posto sicuro e finalmente si riposano per una settimana di seguito, aspettando la luna piena, da quel momento in avanti, hanno infatti deciso di muoversi soltanto di notte, ma l’eccesso di tranquillità quasi li perde.
Infatti  mentre fumano rilassati un sigaro, appoggiati a un muro di sassi che delimita un podere, arrivano inaspettate  delle guardie che si dirigono verso di loro. Non c’è tempo per darsi alla fuga, nemmeno per imbracciare le armi automatiche che prudentemente sono state nascoste dietro il muricciolo di  sassi che separa il podere dalla strada. Per fortuna la pattuglia di ‘Guardie’ passa senza degnarli nemmeno di uno sguardo, vedono sparire i soldati dietro una curva e poi si danno ad una fuga affannosa.
Sulle loro tracce, il comando della ‘Guardia’ ha scatenato un reparto scelto, comandato da uno dei suoi uomini migliori, il capitano Rafael Caballero Ocana  che   conosce ‘Pablo’ e i suoi uomini  dai ‘maquis’ che hanno deciso di collaborare e che lui ha interrogato personalmente . Sa tutto di loro, i nomi , l’aspetto, il dialetto che parlano, come vestono, chi sono i loro amici e i parenti.
E’ convinto di averli in pugno quando  Claudio Martinez ‘Claudio’, uno di quelli che ha deciso di collaborare, guida le ‘Guardie’ al Cerro de la Cueva, dicendo che lui sa dove la ‘partida’ di ‘Pablo’ si potrebbe nascondere. Li fa girare per giorni sulle montagne dai calanchi argillosi, poi, in un tentativi di fuga che non ha speranza alcuna di riuscita, si butta  in un burrone. Lo crivellano di colpi, ma ha ottenuto quello che si prefiggeva, è riuscito infatti ad allontanare dai suoi amici, il reparto che sta dando loro una caccia spietata.
Il capitano Ocana va a Barcellona ,perché lì Manuel Perez Rubino ha i genitori e un’amante e lui è convinto che cercherà di mettersi in contato con almeno uno di loro. Tutti i genitori, i parenti, anche quelli alla lontana e gli amici del gruppo di ‘Pablo’, sono controllati dalla polizia, in quella caccia all’uomo che è probabilmente la più gigantesca scatenata in Spagna, contro un gruppo tanto ristretto di guerriglieri .
Un reparto militare, quasi li ‘aggancia’il 3 settembre del 1952 a Minas de Lobros, su di loro arrivano anche segnalazioni che li vogliono nelle fattorie circostanti , ma ancora una volta  riescono a sganciarsi. Attraversano in una notte senza stelle, il fiume Ebro, tanto gonfio per le piogge,  che la Guardia Civil riteneva impossibile che qualcuno lo potesse passare .
 Nel 1949, un ‘commando’della CNT diretto da Manuel Prieto Lopez , era stato infatti annientato nella sua ritirata, dalla ‘Guardia’ ,con una tattica tanto semplice quanto brutale. Gli uomini erano stati spinti verso l’Ebro  con una gigantesca caccia all’uomo durate giorni e giorni  e poi crivellati di colpi sulla sponda orientale, quando non erano riusciti ad attraversare il fiume gonfio per le piogge autunnali.  
Loro invece, quando appare tutto perduto, riescono per fortuna a mettere le mani su una  barca, tanto piccola che devono fare due viaggi per attraversare quel fiume che minaccia di inghiottirli da un momento all’altro. La  barca si fracassa contro un tronco portato dalla corrente, lasciandoli divisi sui due argini del fiume, a stento chi è sopra, riesce a raggiungere la riva.  Allora ne rubano un’altra  e si lasciano trascinare dalla corrente, fino a che riescono a ricongiungersi con i loro amici. Poi camminano senza mai fermarsi fino al fiume Segre, lo attraversano fortunosamente poi esausti,  si riposano per giorni.
A questo punto devono scegliere se attraversare i Pirenei risalendo la Valle d’Aran o passare per Cumbres, dove ci sono nidi di mitragliatrice e fortini dappertutto.
Ormai sono alla tappa finale di quel cammino incredibile e tanto vale festeggiare. Così si fermano a bere in una pasticceria e impallidiscono nel vedere sulla soglia del negozio una Guardia Civil e da fuori, viene il rumore delle voci degli altri militi che sono assieme a lui.
Comprano in fretta e furia bottiglie di cognac e un grande quantitativo di dolciumi dicendo ad alta voce che sono per un battesimo ed escono velocemente dal locale.
Per passare i Pirenei, si mettono in moto nella nebbia che pare decapitare le montagne, una nebbia che li inzuppa e fa intirizzire le ossa.
Quando  il sole la disperde, si accorgono di essere praticamente finiti addosso a un pastore che, in cambio di denaro, accetta di guidarli,  fino a far loro attraversare il confine. Si fermano al monte Perdido, poi camminano per ore nella neve illuminata dalla luna.
Quando spunta il mattino, si accorgono di avere  il sole sulla sinistra , si accorgono così che il pastore li stava portando  a sud. Lo ubriacano ,anche se tra di loro c’è chi vorrebbe ‘spararlo’ sul posto, camminano su un sentiero, largo non più quaranta centimetri sorreggendosi a un cavo di ferro piantato nella roccia, che ti scortica le mani.
Poi affrontano la neve farinosa . Lassù in alto , sopra le loro teste, dopo ore di quella tortura, scorgono la sagoma di uno chalet , una specie di rifugio alpino dove certamente trovano riparo i tanti escursionisti che si avventurano sui Pirenei.  Entrano per riposare le gambe, e tirare il fiato e tra le brandine e il focolare, trovano abbandonati, vecchie copie de ‘Le Figaro’  e pacchetti blu stropicciati e vuoti di ‘Gauloises’. Si abbracciano commossi perché hanno capito di avercela fatta.
Senza rendersene conto erano infatti entrati in Francia passando per Gavarnie Haute- Pyreneés.
Era il 14 ottobre 1951 e il capitano Caballero li cercava ancora a Barcellona. Per attraversare quasi tutta la Spagna, si erano aiutati con un libro di geografia delle scuole elementari e con la stella polare.
La Spagna chiese l’estradizione,di tutti e sei, estradizione che fu negata, ma un giudice solerte decise che gli uomini della ‘partida’ che avevano tenuto in scacco la ‘Guardia Civil’ e che erano riusciti ad arrivare vivi in Francia,  non potessero risiedere  più di due per ogni Dipartimento .
Le loro lettere che per tanti anni inviarono ai familiari rimasti in Spagna , furono sempre  intercettate.
Manuel Perez Rubino (Pablo), l’uomo che li aveva guidati in quell’impresa, morì nel 1955, travolto da un automobilista pirata che non fu mai scoperto. I suoi parenti  hanno sempre sostenuto che ad ammazzarlo furono i fascisti di Motril.
In una foto che li ritrae  sorridenti,  Pablo è il primo in alto a destra in un gruppo di sei uomini. Ridono tutti,  anche i due bambini paffutelli che l’uomo che  è loro accanto circonda con tutte e due le braccia, con un gesto protettivo e di tenera difesa . La foto è stata presa nella via di un villaggio della grassa campagna  francese, la casa a sinistra nella foto  è ricoperta di rampicanti.
Comunque ‘Pablo’ fece in tempo a sapere che ‘Roberto’, l’uomo che li aveva venduti, e quasi li aveva uccisi tutti, era stato fucilato nell’estate del 1953. Avere tradito i suoi compagni non gli aveva salvato la vita.
Gli altri che si salvarono ,si chiamavano : Miguel Gomez ‘ Gomez’ ,Francisco Martin Alonso ‘Villena’,Ricardo Martin Castillo ‘Vinas’,José Navas Navas ‘José’e Enrique Urbano.  
Una foto di quando era nella guerriglia , mostra quest’ultimo vestito con un giaccone da pilota d’aereo , quello con il collo di pelliccia e una sciarpa attorno al collo. Ha sopracciglia corrugate e folte, alta l’attaccatura dei capelli  pettinati accuratamente all’indietro , lo sguardo ironico e vivace , un po’ da guappo di balera.
Dei sei che attraversarono la Spagna, è l’unico che nel 1977 tornò in Spagna. Questa volta il viaggio lo fece su un comodo treno .E’ morto nel 2001, sono morti anche tutti gli altri.

Tradotto e liberamente adattato da :JOSE’ MARIA AZUAGA RICO ‘ Escapar de Franco Cien dias en la huida de seis guerrilleros’ Cuaderno Para el Dialogo. Marzo 2007


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