lunedì 2 maggio 2011

‘IN CALLE DIPUTACION: I CAMION SI LANCIANO CONTRO  L’ARTIGLIERIA’.



La caserma del reggimento di Artiglieria Leggera n. 7 e il Parque di Artiglieria erano due edifici situati alla fine della calle San Andres di  Palomar. I fascisti organizzarono la difesa congiunta dei due edifici, contando sulla collaborazione di elementi civili nella maggioranza monarchici che reagirono sfavorevolmente all’arringa che il capitano Reinlen  aveva loro diretto e soprattutto al suo  grido finale di ‘Viva Espana e viva la repubblica’.
Nella caserma del Parco di Artiglieria si custodivano trentamila fucili e tre milioni di cartucce , ed era a questo arsenale che mirava la CNT.
Dopo la prima uscita dei quattro camion che erano stati annichiliti all’incrocio Diagonal/ Balmes , si organizzò l’uscita di un secondo gruppo da combattimento che aveva come compito di appoggiare la fanteria del reggimento Badajoz( che si era rifugiato in vari edifici di piazza de Catalunya senza potere più avanzare). Questo secondo gruppo che era formato da una batteria di quattro cannoni arrivò all’ altezza di  calle  del Bruc, alle sette del mattino , dopo un lungo giro di sei chilometri senza trovare resistenza alcuna. All’incrocio tra calle del Bruc e la Deputacion i soldati  furono sorpresi da un gruppo d’assalto formato da operai armati. Lo scontro a fuoco mise sull’avviso le vicine forze d’assalto che proteggevano il Commissariato di ordine pubblico di via Layetana e quelle che vigilavano il Cinco de Oro e piazza de Catalunya, così come le forze popolari che assediavano l’Hotel Colon e la Telefonica. La batteria avanzò per calle Diputacion fino alla calle Claris , però al momento di attraversare la Gran Via  un intenso fuoco di fucileria e di mitragliatrici produsse numerose perdite fra la truppa. Piazzati i cannoni e le mitragliatrici nel quadrato formato da calle Diputacion , Claris, Lauri a e la Gran Via, i soldati cominciarono a  sparare contro la moltitudine che non cessava di raggrupparsi e di contrattaccare. I settanta soldati che formavano la batteria si scontravano con un attaccante molto più numeroso, ben trincerato nelle soffitte, nei portoni e sui balconi e che soprattutto, non cessava nel suo attacco, malgrado gli spari dell’artiglieria. I rinforzi che accorsero in aiuto delle forze popolari erano formate da due compagnie di asaltos e da centinaia di operai che non cessavano di aggiungersi al combattimento. La situazione della batteria ‘sollevata’ si faceva sempre più difficile.
Però dopo tre ore di combattimento la mortalità causata dalle cannonate era spaventosa. I cannoni erano difesi da una linea di mitragliatrici che rendeva impossibile qualsiasi attacco. Le guardie di assalto desistettero dall’ assalto, visto che mancavano dei mezzi adeguati per scontrarsi con l’artiglieria e che un attacco frontale contro le mitragliatrici si sarebbe risolto in una carneficina.
Un gruppo di militanti della CNT  riuscì a risolvere la situazione, con una tattica insolita quanto arrischiata.
Una ventina si uomini si sistemarono sul cassone scoperto di tre camion che furono lamciati a tutta velocità contro la linea delle mitragliatrici. Gli uomini saltarono dai veicoli in corsa e scagliarono contro i soldati i soldati una pioggia di bombe a mano. Fecero così a pezzi la linea delle mitragliatrici che furono subito utilizzate dagli operai contro gli artiglieri.
Alle undici della mattina il combattimento era finito. Mentre gli ufficiali terrorizzati si arrendevano alle guardie, gli anarchici si impadronirono immediatamente delle mitragliatrici e di un cannone che trascinarono a braccia verso plaza de Catalunya. Qui sono stati i camion che hanno risolto la situazione. Del resto i camion paiono rivestire un ruolo fondamentale nei combattimenti di Barcellona. Li hanno usati fin dall’inizio gli uomini del Comitato di Difesa Confederale e i venti uomini che li hanno accompagnati fin da subito nei primi scontri armati. Sono stati addirittura usati come una sorta di ‘ufficio mobile’, di quello strano stato maggiore che ha diretto la battaglia di strada.
Le fotografie ne hanno immortalati decine e decine. Ci sono camion che scaricano adokines davanti alle  barricate, altri di modello vecchio, quelli con il ‘parabrise’ che si apre manualmente verso l’esterno, e il predellino tanto ampio che può ospitare un combattente in piedi, passano così carichi di uomini che gremiscono anche il tettuccio del guidatore, da fare strisciare il cassone sul semiasse. Uno è addirittura stipato da uomini, tutti vestiti uguali, con le giubbe da lavoro e il basco bene calcato in testa perché il vento della corsa non lo faccia volare via.
Un altro, è letteralmente sommerso di uomini sbracciati e festanti, una ragazza ritta all’impiedi sul predellino di fianco all’autista che sorride composta, ci sono così tante persone su quel camion che in pratica puoi distinguere praticamente soltanto la targa M-39953 , posizionata sul radiatore e i grandi fanali. A seconda dell’espressione di coloro che si affastellano sui cassoni dei camion, si capisce subito quando la foto è stata scattata. Perché i camion che prima hanno portato uomini e donne al combattimento, già a partire dalla mattinata del venti luglio, vengono usati per fare partecipare tutti a quella festa che sta per incominciare.



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